Explore.
Dream. Discover.
Quest’anno, a sfatare lo stereotipo di italiani mammoni, ci
hanno pensato 1800 ragazzi, che sono andati a vivere all’estero per sei mesi o
un anno. Al contrario di come alcuni
pensano, affrontare questa esperienza non è tutto rose e fiori, non è una
vacanza, non è facile.
Essere un exchange student vuol dire accettare dei
compromessi. Ci sono le difficoltà, come vivere un anno lontano dalla tua
famiglia, dalle tue abitudini, dalla tua cultura, (e soprattutto rinunciare ai
biscotti a colazione) e i lati positivi, scoprire il mondo, venire a contatto
con culture diverse, sviluppare un senso d’adattamento e autocontrollo,
prendersi delle responsabilità e diventare indipendente.
E’ un modo per riconoscere le proprie debolezze e avere la
possibilità di affrontarle, per vivere una realtà diversa da quella a cui si è
abituati e apprezzare quello che si aveva
in Italia.
Se ci pensate, un ragazzo di sedici anni che lascia i suoi
amici, la famiglia, lo sport, le sue abitudini o è pazzo o crede in quello che
fa.
Io, un anno fa, ho partecipato alle selezioni di
Intercultura senza saperne quasi niente. Piano piano però ho realizzato quanto
fossero motivati gli altri ragazzi, quanto avessero le idee chiare su dove
volessero andare e sulle difficoltà che comportava questa esperienza.
Così anche io, ho fatto i colloqui, il fascicolo che
Intercultura richiede e, cosa più importante, la lista dei paesi.
Ad aprile, nonostante il mio pessimismo, mi hanno annunciato
che ero stata presa per la mia prima scelta: l’Islanda.
Quando l’ho detto ai miei compagni di classe mi hanno fatto
battute del tipo: “Islanda? Da
quando è abitata? Perché è abitata, vero?”,
“Mi mandi una cartolina da Ghiacciolopoli?”, “Fatti una foto con i
pinguini, che l’appendiamo in classe per non sentire la tua mancanza!”
E ora sono qui da tre mesi,
vivo in una famiglia con 3 bambini piccoli e urlanti, vado in una scuola
in cui si sta scalzi e sto iniziando a parlare islandese.
Sono anche in contatto con molti exchange student sparsi per
il mondo e di storie divertenti ne ho sentite davvero tante. Ad esempio una
ragazza dall’Honduras ha raccontato che la preside ha obbligato un ragazzo a
stare seduto per sei ore su un barattolo dal diametro di 15 cm, perché
disturbava la lezione. E a Panama, a scuola, non è permesso tenersi per mano.
Ma le eresie in cucina sono le migliori: c’è chi ha dovuto
mangiare pasta con il ketchup, maionese o addirittura al colorante blu. Una
ragazza ha raccontato che sua madre ospitante, per capire se la pasta è cotta,
la lancia sul mobile: se è cotta rimane appiccicata. E la cosa bella è che, da
quando l’ho detto alla mia host mum, lo fa anche lei…
Ma non fatevi intimorire da queste differenze culturali, ci
sono mille motivi per partire, sia come exchange student o sia come Erasmus
all’università.
Per concludere, voglio riportare una bellissima frase che mi
ha detto una mia amica: “ Tornerai con qualche cicatrice, ma se la vivi
consapevolmente tornerai migliore, saprai comprendere tutti quei valori che la
quotidianità rendono scontati.”
Explore. Dream. Discover.
Bell'articolo! Hai ragione, non è facile per una persona di sedici anni vivere un'esperienza come questa. D'altro canto, tutto ciò darà un valore aggiunto al tuo bagaglio culturale e alla tua capacità di adattamento. Steve Jobs (il defunto fondatore di Apple), in un discorso ai laureandi della Stanford University, disse che quelle esperienze di vita che possono apparire in un primo momento fini a se stesse, acquisiranno un significato chiaro in futuro; come acquisiscono significato, una volta uniti, i puntini di quei giochi per bambini dove bisogna unire i punti per avere un disegno chiaro. I puntini sono le esperienze formative e il disegno è il percorso di vita. Io ti considero fortunata e spero che tu possa vivere nel modo più costruttivo possibile questa esperienza. Ciao da Lorenzo.
RispondiEliminaP.S. Ti consiglio di cercare su YouTube quel discorso del 2005, è meraviglioso.
Ciao Lorenzo, avevo già visto quel video, è stupendo :)
EliminaGrazie per i tuoi commenti, un saluto!!
Si, concordo con Lorenzo. Bell'articolo davvero!! Brava Alessia.
RispondiEliminaMettere in conto a priori che si potrebbe uscirne con cicatrici varie, ed accettare comunque la sfida, comporta grande maturità.
Molto piu' facile fuggire e perdere, senza neanche essersene accorti.
Grazie :) Come si dice, meglio provarci e rimanere delusi che non provarci e rimanere col rimpianto ;)
EliminaBellissimo articolo Alee!!!sei bravissimaa!!!:D Davide delle elementari ahah :)
RispondiEliminaGraziee :)
EliminaBrava Ale , come sempre.....meglio avere dei rimorsi nella vita che dei rimpianti.....almeno io la penso così...............
RispondiEliminabaci
Quando aggiorni?:)
RispondiEliminaAmo alla follia la frase con cui concludi.
RispondiEliminaMolti pensano che sia facile lasciare l'Italia, perché "è un Paese di merda; all'estero è tutto migliore!! Civiltààà!" ma personalmente quando sento queste cose mi girano altamente le ball... Partire non è una cosa semplice e avoglia se hai delle cicatrici alla fine. Nel mio caso personale oltre che quelle c'è anche un cuore infranto e tantissime, tantissime lacrime.
Nonostante tutto il dolore e la fatica, però, come te, mi sento solo di consigliare quest'esperienza: bisogna partire, bisogna conoscere il mondo per conoscere veramente se stessi!